L'ANTICO BAGLIO NELL'AGRO PALERMITANO IN CUI SI RESPIRA STORIA E NATURA
Nei giorni precedenti al Ferragosto ho ricevuto un invito tanto gradito quanto inaspettato per trascorrere piacevolmente la sera della vigilia della festività di Maria Assunta in un luogo dall'antica storia e dal grande fascino: Baglio S. Spirito nella borgata di Ciaculli. Rivolgo pertanto la mia gratitudine ai padroni di casa per avermi regalato la possibilità di respirare, immersa nel verde lussureggiante, un'atmosfera ancora ricca dei sapori genuini del passato.
Baglio S. Spirito fu la settecentesca residenza estiva dei Padri Benedettini Bianchi di Monte Oliveto. La Congregazione benedettina di Santa Maria di Monte Oliveto e l'omonima abbazia che si innalza ad Asciano (SI) vennero fondate dal senese Bernardo Tolomei (1272-1348) che aveva abbracciato la regola benedettina. I monaci, detti comunemente Olivetani, si ispirano al biblico Salmo 51 che così recita:
"Come olivo verdeggiante nella casa di Dio
confido nella fedeltà di Dio
in eterno e per sempre."
Vennero chiamati "Bianchi" per via del colore dell'abito bianco scelto dai benedettini cistercensi a differenza dei benedettini cluniaensi che vestivano un saio nero. I Padri Olivetani si diffusero arrivando anche a Palermo in cui alcuni di essi, provenienti dall'Abbazia di S. Maria del Bosco di Calatamauro di Contessa Entellina (PA), fondarono la chiesa ed il convento di S. Maria dello Spasimo su un terreno "extra portam Grecorum" (al di fuori della porta dei Greci) ricevuto in donazione nel 1508 da Giacomo Basilicò, dottore in diritto canonico e civile, con il quale avevano concordato la costruzione di una chiesa intitolata - come l'altra di Gerusalemme - al dolore (Spasimo) provato dalla Vergine per le atroci sofferenze del Figlio Gesù caduto sotto la pesante Croce sulla via del Calvario.
I lavori del complesso monastico iniziarono nel 1509 e proseguirono all'incirca fino al 1535, ma nel 1537 i monaci dovettero abbandonare la loro sede, lasciando la chiesa incompiuta, per volontà del vicerè Ferrante Gonzaga, costretto ad intervenire sulle strutture difensive della città di Palermo minacciata dalle invasioni dei Turchi. Il vicerè fece costruire dei bastioni ed uno di essi fu eretto nel luogo del convento olivetano in cui ancora oggi si trova.
In cambio, ai monaci fu concesso il monastero di S. Spirito adiacente alla chiesa del Vespro all'interno dell'attuale cimitero di Sant'Orsola, detto anche di S. Spirito.
Al tempo era consueto che gli Ordini religiosi possedessero una residenza estiva in cui trascorrere dei periodi di riposo e di ritiro spirituale ed i Padri Benedettini Bianchi di Monte Oliveto scelsero la zona salubre e ricca d'acqua della piana di Ciaculli, in cui fondarono un baglio che prese il nome di S. Spirito dal loro monastero di provenienza. Il baglio (in dialetto siciliano "bagghiu") è tipicamente un luogo recintato con un unico accesso ed una corte centrale, delimitato perimetralmente da mura fortificate e da costruzioni le cui aperture si affacciano verso l'interno ed in cui si svolge la vita quotidiana della comunità che lo abita e che pertanto ha la necessità di rendersi il più possibile autonoma ed indipendente.
Il Baglio S. Spirito si apre con un arco su cui domina lo stemma dei Padri Olivetani: la Croce centrale affiancata ai lati da due alberi di ulivo. Al di sotto di esso l'anno di fondazione: 1719.
Entrando a sinistra si erge la chiesetta voluta dall'abate don Antonio Alberti e dedicata a S. Barbara a seguito di un sogno in cui la Santa gli apparve mostrandogli il punto in cui Ella desiderava che venisse costruita la sacra struttura.
Esattamente come riporta la lapide marmorea in lingua latina fra il portale ed il timpano di cui indico la traduzione:
"Alla Vergine Santa Barbara, martire di Nicomedia, per i moltissimi meriti presso Dio e per la straordinaria costanza. Affidato allo stupore dei secoli, della cui celeberrima presenza, in punto di morte vorrei aiuto...
Il reverendo Padre don Antonio Alberti, abate di Palermo, della congregazione olivetana dello Spasimo dell'Ordine di San Benedetto per la sua patrona benemerita ha costruito questa chiesa, l'ha dedicata e ha lasciato nel marmo come segno eterno della sua devozione questo monumento...nel giorno 4 dicembre 1718."
Non appena la chiesetta verrà restaurata, come è già in programma, per gentile concessione dei proprietari potrò visitarne l'interno in cui primeggia l'altare settecentesco in marmi policromi.
Un secolo dopo, all'inizio dell'Ottocento, il grande fondo agricolo fu acquisito in gabella dal dottor Fortunato Pagano ed in seguito, nel 1850, venne acquistato - insieme al baglio - da Salvatore Castellana i cui discendenti ancora oggi vi dimorano.
Al centro della corte il pozzo dei monaci su una base di due larghi gradini circolari in pietra calcarea di Billiemi, sovrastato da una struttura metallica oblunga dominata da una Croce, anch'essa in metallo.
Tutto intorno la pavimentazione si presenta in ciottolato originale disegnato a spicchi separati anch'essi da parti di pietra di Billiemi e, ai lati estremi, delle antiche macine per la lavorazione delle olive ancora oggi ci raccontano quanto fosse laborioso e fruttifero questo antico luogo, attualmente destinato ad abitazioni civili.
Di fronte all'arco di entrata, al piano terra sopraelevato da un loggiato a cinque archi,
ecco il portone d'ingresso del magazzino
identificato da una maiolica variopinta (U' malasenu, detto anche magasenu o maiasenu)
in cui gli agricoltori scaricavano i famosi mandarini tardivi di Ciaculli che le donne "spicchiatrici" ripulivano dai rametti e dalle foglie, lucidavano ed inserivano nelle tipiche carte per la vendita dei frutti, simili ai pirottini, colorate e disegnate con i caratteristici temi siciliani.
Di fronte al magazzino quella che fu la colombaia si presenta in un gradevole stile neogotico
e, alla sua destra, un altro pozzo più piccolo e più recente con i resti della carrucola per attingere l'acqua.
Una fontanella in muratura inattiva
si trova a sinistra dei piloni sormontati da vasotti di un'altra entrata che si apre sulle vaste campagne,
in cui sopravvive qualche alto albero di palma,
sfociando in una stradella che giunge ad un piccolo spiazzo quadrato
nei cui angoli fanno ancora mostra di sé, pur se segnate dal tempo, quattro statue di puttini ottocenteschi che rappresentano le stagioni.
La stradella tracciata fra antiche siepi di bosso
prosegue in direzione della circonvallazione ed una volta, ai tempi in cui ancora Viale Regione Siciliana non esisteva, proseguiva fino al mare.
Ovviamente il baglio S. Spirito al momento non è liberamente visitabile da tutti e per tale ragione rivolgo ancora la mia riconoscenza ai proprietari per il privilegio accordatomi. Però chissà se in futuro, dopo gli opportuni restauri, si potranno programmare delle visite ben organizzate.
Fonti bibliografiche:
- Baglio S. Spirito - Antica residenza dei Benedettini Oivetani di Gianfranco Lena
- Palermo Dizionario storico toponomastico di Mario Di Liberto
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