LA CASA RIFUGIO SEICENTESCA DELLO SCAVUZZO PER LE DONNE VITTIME DI VIOLENZA E PER LE EX PROSTITUTE



Per volere del barone di Santa Venera, Antonio Colnago, a Palermo nel Seicento nacque una sorta di casa rifugio, destinata sia alle donne vittime di violenza che alle prostitute desiderose di cambiare vita.
Si trattava quindi di un'accoglienza offerta in particolare alle sfortunate donne prive di nobili natali che non potevano contare su nessun aiuto. 
Il barone, che apparteneva ad un'antica famiglia di origine milanese, nel 1622 aveva acquisito il titolo di barone di S. Venera, un feudo della baronia di Sperlinga. Nel 1625 decise di offrire riparo a tutte "le povere donne che, abbandonata la vita disonesta, amavano riconciliarsi con la propria coscienza e con Dio", fondando un Conservatorio in alcune case a porta di Termini, presso il palazzo Ajutamicristo, con il nome di "Casa de le donne reparate della SS. Concezione". 
L'intento era quello di proteggere "le donne violate ma non accasate", così che esse potessero esercitare il noviziato per una nuova vita di conversione spostandosi poi nel monastero delle Repentite in via Divisi. 
Il primo settembre 1627, dopo la morte del barone avvenuta il 18 agosto di quell'anno, il Conservatorio fu trasferito vicino il mercato della Fieravecchia, in via Schiavuzzo (all'epoca Scavuzzo) presso un edificio del barone adiacente alla non più esistente chiesa di S. Maria della Grazia; quest'ultima edificata nel 1590 dai nobili Vernagallo e in seguito, nel 1629, ceduta  ai Carmelitani. Una volta insediatesi, le ragazze si presero cura della loro nuova sede abbellendola ed ingrandendola. 
La loro vita scorreva similmente a quella dei monasteri di clausura; eppure, malgrado lo avessero richiesto più volte, il riconoscimento ufficiale del Conservatorio come Badia claustrale avvenne dopo parecchio tempo. La data esatta non si conosce, ma alla fine la Casa delle Reparate dello Scavuzzo divenne un monastero di clausura francescano che non accoglieva più donne traviate, ma soltanto  ragazze vergini.  
Durante questo lungo lasso temporale accadde un fatto insolito che rimase nelle cronache cittadine. Il 10 gennaio 1782, come racconta il marchese di Villabianca, il Capitano di Giustizia Tommaso Celestre, marchese di Santa Croce, pretese di entrare nel Conservatorio per far visita a sua cugina malata: la duchessa di Reitano Caterina Colonna ed Oneto. Ma la Superiora, fedele alla clausura - pur se non riconosciuta - gli negò l'accesso, nonostante il marchese fosse autorizzato dal Governo. 
A questo punto, successe un parapiglia: il marchese tornò con le sue truppe e fece sfondare le porte del Conservatorio dai maestri d'ascia e dai muratori, finché non entrò insieme alla moglie e ad altri parenti. La Superiora fu arrestata e condotta in carcere per un lungo periodo a causa della sua disobbedienza al Governo; ma anche e soprattutto per aver reagito violentemente, insieme alle sue consorelle, lanciando pietre ed acqua bollente sugli irruenti visitatori. 
Nel 1866, con l'abolizione degli Ordini religiosi, il monastero divenne una scuola elementare. In seguito, nel 1926, una parte fu adibita a sede di un Istituto d'arte ed un'altra a sede dell'Istituto di avviamento professionale Domenico Scinà. Durante la seconda guerra mondiale i sotterranei funsero da rifugi antiaereo. 
Avendo subito i danni del terremoto del 1968, l'Istituto d'arte fu trasferito nell'attuale sede di piazza Gen.le Turba e l'edificio fu abbandonato per circa 40 anni. 

Infine, nel 2009, è divenuto residenza universitaria.


 
Sul portale in tufo dell'ex Conservatorio, una nicchia accoglie un piccolo simulacro dell'Immacolata Concezione. 

Ma degli antichi decori interni delle pareti e delle volte non rimane più nulla: la chiesa del piano terra è inagibile, sia a causa dei danni del terremoto che all'uso improprio, negli anni passati, come officina del ferro. Da un altare laterale distrutto era stata ricavata una scala di accesso alla cripta, divenuta deposito di materiali ferrosi.

 Rimane il bel chiostro in cui sono visibili le entrate per i ricoveri antiaerei, anch'essi impraticabili.
                                                                                
                                                                                

                                                                                



Resta anche un giardino in cui si trovano alcune piante, una fontanella ed una vasca con un rubinetto d'epoca. 
                                                                                
                                                                                
                                                                                


Uno spazio aperto che ha conservato un'atmosfera intima, ma che dovrebbe sicuramente essere rivalutato, così come la chiesa, per testimoniare meglio la storia di una casa rifugio che fu la salvezza per tante povere e sfortunate donne.

Giusi Lombardo

Scrittrice e blogger per la profonda e innata passione verso la mia città, Palermo. Mi piace raccontarla soprattutto nei suoi aspetti meno conosciuti, osservando e ricercando le tracce dei monumenti più abbandonati e spesso dimenticati che silenziosamente "gridano" la loro storia a chi sa ascoltarla.

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